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16 Febbraio 2025, Nogarè.
Ho guardato Sanremo e, tra tutte le canzoni, una mi ha effettivamente colpita: quella di Lucio Corsi. Bel messaggio. E sono contenta di vedere che nel post Sanremo, la critica e il popolo del web si ricordino soprattutto di lui e della sua canzone. Anche a me, in effetti, ha colpito. La prima volta che l’ho ascoltata ho pensato “interessante”. Poi l’ho riascoltata e ho sentito che mi piaceva. Non è di certo uno dei miei tormentoni, non entrerà nella top ten delle canzoni che ascolterò di frequente, ma è una di quelle canzoni che ascolterò per il contenuto, per il testo. Mi ha colpita, perché d’altra parte parla di emozioni, e io, alle emozioni, sono profondamente legata.
La canzone di Lucio Corsi, “Volevo essere un duro”, mi ha colpita per il suo messaggio di vulnerabilità e inadeguatezza. Parla di una persona che avrebbe voluto essere forte, invincibile, immune alle difficoltà, ma che invece si scopre fragile, diversa dalle aspettative proprie e altrui.
Mi ha fatto pensare a come mi sento io con la MCS. Anche io, in un certo senso, avrei voluto essere diversa. Avrei voluto poter vivere senza preoccuparmi di cosa respiro, senza dovermi proteggere da elementi invisibili che per molti non significano nulla e per me possono essere devastanti. Avrei voluto essere libera, come gli altri, di muovermi senza pensieri, senza dover costantemente valutare gli ambienti, senza sentirmi esclusa. Ma la realtà è un’altra.
Lucio Corsi canta di un mondo “duro per quelli normali”, e io mi chiedo: cosa significa essere “normale”? Perché la normalità dovrebbe corrispondere a una capacità di adattamento totale, a una resistenza incondizionata? E se invece la normalità fosse anche accettare la propria diversità, il proprio essere fuori dagli schemi?
Nel testo della canzone c’è un passaggio che mi ha colpito particolarmente: “Ma non ho mai perso tempo, è lui che mi ha lasciato indietro”. Quante volte ho avuto la sensazione che fosse il mondo a correre troppo veloce per me, a lasciarmi indietro, come se non ci fosse posto per chi deve fermarsi, per chi non può semplicemente adeguarsi. Eppure, nonostante questo, continuo ad andare avanti, a trovare la mia strada.
Alla fine della canzone, emerge un messaggio importante: “In fondo è inutile fuggire dalle tue paure”. Anche io ho provato a fuggire dalla mia condizione, a negarla, a minimizzarla. Ma non ha funzionato. Solo accettandola ho potuto iniziare a convivere con essa, a trovare il mio equilibrio, il mio modo di affrontare la realtà senza sentirmi completamente schiacciata da essa.
Forse non sono “un duro” nel senso convenzionale del termine, ma la mia forza sta proprio nel riconoscere la mia vulnerabilità e nel trovare, ogni giorno, il coraggio di affrontarla.
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